Consegna della lista dei morosi: una sentenza
Spesso è difficile barcamenarsi nel mare di normative che regolano la vita condominiale. Una recente sentenza emessa dal Tribunale di Roma, la n. 1190/2024, sembra tuttavia aver fatto chiarezza su una questione. Ponendo l’accento sull’articolo 63 delle disposizioni di attuazione del Codice civile, ha fatto luce sul rapporto tra l’obbligo di trasparenza dell’amministratore e la tutela della privacy nei condomini. Sono stati stabiliti dunque dei criteri chiari per la consegna della lista dei morosi ai creditori.
Il caso di specie
Ma cosa dice questo articolo 63? L’articolo 63 delle disposizioni di attuazione del Codice civile impone all’amministratore del condominio l’obbligo di comunicare ai creditori, che ne fanno esplicita richiesta, i dati dei condomini che non hanno adempiuto alle loro obbligazioni pecuniarie. Il caso vagliato dal tribunale di Roma riguardava la richiesta di un avvocato, creditore del condominio per alcune prestazioni svolte. L’avvocato richiedeva di ricevere l’elenco dei condòmini morosi, ma, non ricevendo risposta, ha deciso di agire per vie legali. Oltre alla consegna della lista, figurava nella richiesta anche il pagamento di una penale, conformemente all’articolo 614 bis del Codice di procedura civile.
Il ruolo della privacy
Innanzitutto, la sentenza del Tribunale specifica che il dovere comunicare ai creditori i dati dei condòmini morosi non ricade direttamente sulla figura dell’amministratore in maniera personale, ma lo investe in quanto organo amministrativo del condominio. Ma la questione fondamentale riguarda la tutela della privacy dei morosi. Il Tribunale asserisce che l’obbligo legale di fornire la lista dei morosi ai creditori non può essere limitato dal diritto di privacy, favorendo invece il concetto che l’amministratore agisca per il dovere imposto dalla legge di cooperare con i creditori per la soddisfazione dei loro diritti. La sentenza cita anche una nota dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali del 26 settembre 2008 che affermava lo stesso. Inoltre vi sono dei precedenti: Tribunale di Santa Maria Capua Vetere (ordinanza 2850/2022), Tribunale di Civitavecchia (ordinanza 4/2022), Tribunale di Bari (sentenza 4506/2021).
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