La direttiva dell’UE sulle cosiddette “case green”
Il 7 dicembre il Consiglio dell’Unione Europea e il Parlamento Europeo sono giunti di comune accordo a una revisione riguardante la direttiva Energy Performance of Buildings Directive (nota come la direttiva sulle “case green”), decidendo di preferire un approccio più moderato ma realistico. Prima di questa recente modifica, infatti, la volontà era quella di ristrutturare uniformemente a livello europeo le normative edilizie ed energetiche, mentre ora si è stabilito che ogni Stato membro potrà adottare una propria strategia nazionale, garantendo una certa flessibilità in base alle circostanze in cui versa il Paese. Preso coscienza di questo, gli obiettivi fissati comunque per ogni Stato membro sono una riduzione dei consumi del 16% entro il 2030 e del 20-22% entro il 2035. Nel 2028, la Commissione europea valuterà se l’applicazione della direttiva avrà prodotto gli effetti desiderati nella direzione delle emissioni zero entro il 2050.
Alcuni traguardi fissati: i MEPS
Anche se per gli edifici residenziali i MEPS (ossia gli standard minimi di prestazione energetica) sono su base volontaria, come abbiamo già detto ci sono delle mete comuni a tutti i Paesi dell’UE. Entrando più nello specifico di queste riduzioni energetiche prestabilite, delle tappe obbligatorie per raggiungerle riguarderanno:
- le ristrutturazioni: il 55% di esse si concentrerà sugli edifici con le prestazioni energetiche peggiori, definiti come il 43% degli edifici con le prestazioni più basse a livello nazionale;
- gli edifici non residenziali: è prevista la ristrutturazione del 16% degli edifici con le peggiori prestazioni entro il 2030 e del 26% entro il 2033;
- gli esoneri: gli Stati membri avranno la possibilità di esonerare alcune categorie di edifici, sia residenziali che non residenziali, dagli obblighi di ristrutturazione, includendo edifici storici, case di vacanza, luoghi di culto, edifici di dimensioni inferiori a 50 m² ed edifici agricoli e militari.
Alcuni traguardi fissati: l’eliminazione delle caldaie a combustibili fossili
L’utilizzo dei combustibili fossili è notoriamente collegato a elevate emissioni di gas serra. Per questa ragione, per ridurre l’inquinamento associato al loro sfruttamento, ogni Stato membro dovrà adottare delle misure per ridurre gradualmente il ricorso a queste risorse nell’ambito del riscaldamento e del raffreddamento. I sussidi per l’installazione di caldaie autonome alimentate da combustibili fossili saranno bloccati dal 1° gennaio 2025. L’anno fissato per raggiungere questo obiettivo è il 2040.
Altri traguardi e le 10 proposte di ABI
Gli Stati membri saranno inoltre tenuti a installare impianti solari secondo un preciso calendario, con scadenze che spaziano dal 2026 al 2029. I nuovi edifici occupati o di proprietà delle pubbliche amministrazioni dovranno essere a emissioni zero a partire dal 2028 e a partire dal 2030 tutti i nuovi edifici dovranno essere a emissioni zero. Verrà istituito uno sportello unico dedicato alle ristrutturazioni che fornirà assistenza gratuita. Gli Stati membri si impegneranno a implementare misure di supporto finanziario. E difatti, nel frattempo, alcune istituzioni hanno già cominciato a muoversi: l’ABI (Associazione Bancaria Italiana) martedì 19 dicembre ha presentato a Roma il Tavolo tecnico per favorire la riqualificazione degli immobili. Sono state avanzate dieci proposte per stimolare lo sviluppo del mercato dei finanziamenti finalizzati all’acquisto di immobili ad alta prestazione energetica e alla riqualificazione degli edifici esistenti. Tra queste proposte:
- l’introduzione di specifici strumenti pubblici per la mitigazione del rischio di credito;
- l’ampliamento delle possibilità di raccolta da parte delle banche per l’erogazione di finanziamenti “green”;
- la valutazione della sostenibilità ambientale del finanziamento in linea con i criteri della Tassonomia europea.
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